Che la pandemia abbia bene o male toccato tutti quanti è ormai indubbio, ma la chiusura del Circolo Ohibò di Milano è esattamente lo specchio di qualcosa che non va.
Una situazione anomala all’interno del mondo dell’industria musicale che oggi, più già che mai, si trova seria in difficoltà.
MA INNANZITUTTO PERCHÈ CHIAMARLA INDUSTRIA?
Occorre iniziare però da un concetto a volte sottovalutato. Perché chiamarla industria?
Ah, non si tratta solo inserire le cuffie nel nostro smartphone e ascoltare la nostra canzone preferita?
Quindi veramente dietro ad una canzone non c’è solo il cantante (o il gruppo, a seconda della situazione)?
Qualcuno legato ad una concezione del tutto retrograda e del tutto sbagliata potrebbe ancora pensare che la musica sia un concetto banale, quasi come una sorta di hobby, insomma.
Ma non è così, assolutamente, infatti è necessario identificarla come una vera e propria industria che complessivamente smuove annualmente un indotto complessivo di poco meno di 4 miliardi di euro, pari su per giù al 5% del PIL italiano.
No, decisamente non è solo premere play.
Si pensi solo che nel nel 2014 si stimavano occupate all’interno del settore musicale circa 120mila persone. Un po’ come se tutti gli abitanti di Bergamo lavorassero per farci ascoltare la nostra canzone preferita nelle cuffie.
Ribadiamo: non è decisamente solo premere play.
IL SERIO PROBLEMA PANDEMICO
Si potrebbe pensare che la pandemia non abbia toccato il mondo musicale perché “vabbè intanto loro vendono lo stesso” ma invece, purtroppo, ci troviamo nella situazione opposta perché come dicevamo anche appena sopra, l’industria della musica è qualcosa che va ben oltre alla canzone in sé.
Centinaia di live cancellati o rimandati. Migliaia di spettacoli sospesi o a data da destinarsi.
Pensiamo a quanti tecnici, allestitori, addetti e lavoratori le cui mansioni sono vitali, sono coinvolti ogni volta in cui partecipiamo ad un concerto.
Il coronavirus ha messo di fronte loro un’enorme crisi impedendogli di svolgere il proprio lavoro e la cosa più triste è che non si sa, ad oggi, quando e soprattutto se si potrà tornare ad avere spettacoli di questo tipo, quando si potrà a poter tornare a godere di un live sudato in parterre.
LA NASCITA DEL COORDINAMENTO “LA MUSICA CHE GIRA”
Il governo gradualmente con il passare delle settimane inizia ad intervenire con misure dispositive il cui obiettivo è sostenere l’economia intera e successivamente favorirne il rilancio.
Il settore musicale però, purtroppo, viene considerato in poche situazioni, di fatto, non consentendo ai lavoratori di accedere alle tante misure disponibili.
Nasce allora “la musica che gira” ovvero un coordinamento composto da lavoratori, artisti, imprenditori e professionisti della musica e dello spettacolo che hanno deciso di fare rete.
Come scritto nel manifesto l’obiettivo è un’azione immediata che vada a mitigare le conseguenze negative di questa crisi che avrà sicuramente ripercussioni anche nel lungo periodo.
Lo scopo è fare attivare al governo delle richieste chiare che potremmo riassumere in:
-garantire a tutti l’accesso agli ammortizzatori sociali
-supportare le attività imprenditoriali del settore
-stimolare una riforma definitiva del settore
-incentivare gli investimenti green su innovazione e tecnologia.
Un programma chiaro, preciso e dettagliato presentato attraverso emendamenti volti a modificare il Decreto Rilancio.
CHIUSURA CIRCOLO OHIBÒ: UN FULMINE A CIEL SERENO
È l’otto giugno, si diffonde sui profili social di centinaia di artisti del mondo dello spettacolo un messaggio chiaro “Non lasciateci #senzamusica” proprio ad identificare il fatto che la musica non deve rimanere indietro rispetto a tutti gli altri settori e che, anch’essa, ha bisogno di supporto e rilancio.
Non passano ventiquattrore dalla speranza appena intravista che qualcosa, forse, si stesse muovendo in questa direzione, quando come un fulmine a ciel sereno il circolo Ohibò comunica attraverso i propri profili la chiusura definitiva.
Per chi non lo conoscesse, l’Ohibò è un circolo Arci attivo a Milano da 8 anni. Ma è molto più che un luogo di cultura i cui hanno cantato e suonato i più famosi artisti indipendenti italiani, è un luogo capace di suscitare emozioni, un luogo di aggregazione e la sua chiusura lascia un vuoto immenso.
Come è possibile che un’associazione no profit come questa sia costretta a causa dell’evidente impossibilità di pagare l’affitto (d’altronde, essendo chiuso da febbraio) a dover abbassare la saracinesca? Come è possibile che sia stata lasciata indietro così?
Cosa ne sarà di quello che per molti era come una seconda casa proprio non lo si può sapere, ma una cosa è certa. Una parte di Milano, fulcro di tanti momenti si è fermata.
È evidente che qui ci sia qualcosa che non vada, è evidente che servano soluzioni concrete e rapide anche per l’industria musicale.
Noi non #lavoriamoconlamusica ma qui un’altra chiusura non la possiamo di certo sopportare.