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Il lato oscuro della normalizzazione

Eleonora Francesca Grotto Maggio 29th 2023

Il lato oscuro della normalizzazione

Se avete un profilo Instagram probabilmente sarete già caduti vittime dell’esercito della normalizzazione.

Mentre il clima e il pianeta ci ricordano la nostra provvisorietà e le tensioni in varie parti del mondo ci fanno sentire sereni come se fossimo seduti sul coperchio di una pentola a pressione, il termine “normalizzazione” ha trovato ampio margine d’azione, prendendo il controllo della narrazione social e di buona parte dei contenuti che ci tengono compagnia, quando l’unica cosa che vogliamo è quella di spegnere il cervello.

Normalizziamo. Normalizziamo tutto.

Diciamocelo senza indugi.

Oggi se non normalizzi qualcosa, non sei nessuno.

Lo dice Instagram e soprattutto il suo algoritmo.

  • Normalizzare il corpo femminile
  • Normalizzare la psicoterapia
  • Normalizzare il fallimento
  • Normalizzare la quotidianità
  • Normalizzare la sessualità

L’unicità non è più argomento di discussione, la nuova parola del giorno è “normalizzare”.

Normalizzazione: un nuovo modo di sponsorizzare

Curioso però notare come la necessità di normalizzare qualcosa sia sempre in linea con le tendenze del mercato e con un nuovo prodotto o servizio da lanciare.

Facciamoci caso. Ultimamente guardando tra le storie di diversi influencer, possiamo notare un pattern comune: hanno TUTTI scoperto la psicoterapia.

Attenzione però, non psicoterapia a caso; casualmente tutti hanno deciso di affidarsi a un servizio di supporto psicologico online e sempre casualmente, tutte queste prese di coscienza sono accompagnate dall’hashtag #adv o “partnership pubblicizzata”.

Cito il caso della psicoterapia perché forse più di tutti, rende lampante come anche argomenti sensibili e delicati e che dovrebbero essere trattati esclusivamente da professionisti, diventano un contenuto come un altro da promuovere sui social, un contenuto che perderà buona parte della sua profondità e complessità, in favore di una rapida digestione dell’informazione con il fine di spingere l’utente a riconoscere un nuovo bisogno e di conseguenza ad acquistare un nuovo servizio.

Eppure, il concetto che questo articolo si propone di esprimere, non è che tutti i valori promossi sui social siano fasulli, tutt’altro.

Eppure, bisogna considerare come un utente distratto o poco informato, potrebbe essere portato ad immedesimarsi in qualcosa per i motivi sbagliati, riconoscersi in qualcosa che viene presentato come un valore ma che in realtà è semplicemente un messaggio pubblicitario.

Brand e valori, un piccolo approfondimento: guarda video

Ci si può difendere da qesta tipologia di comunicazioni? Ovviamente sì.

Cercando di differenziare i brand che realmente rispettano e veicolano i valori di cui si fanno promotori e quelli che invece mirano, attraverso la creazione di un bisogno, a vendervi il loro prodotto o servizio.

Altrettanto importante, sarebbe ricordare che ognuno di noi ha le proprie unicità che non possono trovare un riscontro in ogni personaggio del web e che il rispetto e la comprensione della diversità, passano dall’ascolto e dalla condivisione, di sicuro non dalla vendita di qualcosa.

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