I dissapori tra Occidente e Oriente non sono una novità. Relativamente nuovo è tuttavia il terreno di scontro tra le due grandi potenze. Nella società dell’informazione, chi detiene i dati è il vincitore, ed è proprio questa consapevolezza che negli ultimi anni sta creando ancora più attrito tra le due parti del mondo. Sempre più numerosi sono i sostenitori della teoria secondo la quale la Cina cerchi di esercitare un’influenza sulle popolazioni occidentali attraverso un’app di social media come Tik Tok, gestendo gli algoritmi in maniera completamente diversa in base alla geolocalizzazione degli utenti.
Ma partiamo dalle origini: dove nasce Tik Tok e con quale obiettivo?
La storia di Tik Tok
TikTok è stata sviluppata dall’azienda cinese ByteDance ed è stata lanciata per la prima volta nel settembre 2016 in Cina con il nome di “Douyin”. Successivamente, nell’agosto 2018, è stata rilasciata una versione internazionale dell’app chiamata con il nome che l’ha resa celebre.
La storia di TikTok inizia con l’acquisizione di Musical.ly, un’app molto popolare tra i giovani che consentiva loro di creare video musicali sincronizzando le labbra con brani famosi. Nel novembre 2017, ByteDance ha acquisito Musical.ly per circa un miliardo di dollari e ha integrato la sua base utenti e la tecnologia nella nuova app TikTok.
TikTok si è rapidamente diffuso a livello globale, diventando particolarmente popolare tra i giovani e gli adolescenti. L’app ha guadagnato una grande quantità di utenti in tutto il mondo, raggiungendo il suo picco di popolarità nel corso del 2019 e del 2020. Ha offerto agli utenti la possibilità di creare video di brevissima durata, spesso accompagnati da musica di sottofondo e da effetti speciali.
Uno degli aspetti distintivi di TikTok è il suo algoritmo di raccomandazione dei contenuti. Utilizzando l’intelligenza artificiale, l’algoritmo personalizza l’esperienza di ogni utente, mostrando loro i video più rilevanti in base ai loro interessi e alle loro interazioni passate. Questo ha contribuito a rendere TikTok un’app altamente coinvolgente e ha aiutato a costruire una vasta base di utenti fedeli.
Non tutti però, sostengono che l’algoritmo di Tik Tok si basi realmente soltanto su questi parametri.
La teoria di Andrew Schultz
A News York Andrew Shultz, attore comico e podcaster, nel corso di un’intervista, ha esposto pubblicamente una convinzione che si è poi diffusa rapidamente tra gli altri youtuber, blogger e creator digitali. Andrew sostiene che la Cina abbiamo deciso di gestire l’algoritmo della piattaforma di Tik Tok secondo una logica ben precisa: mentre in Occidente Tik Tok tenderebbe a premiare i contenuti più frivoli, quelli in cui i protagonisti si dimenano davanti alla videocamera e riproducono i balletti del momento, in Cina il social verrebbe utilizzato per mostrare contenuti altamente educativi. Con questo strumento, utilissimo per raggiungere i più giovani, sembrerebbe infatti che la Cina stia tentando di costruire il cittadino ideale. Ecco quindi che, in questo paese, i contenuti appaiono tutt’altro che frivoli e superficiali. Si tratta di video che stimolano i più giovani a provare interesse verso materie complesse come l’ingegneria e la matematica, condividendo consigli ed esperienze di altri giovani.
Per quanto i contrasti tra oriente e occidente siano probabilmente già una motivazione sufficiente per credere che le parole di Andrew abbiamo un fondo di verità, per i più scettici, andiamo a sottolineare alcuni aspetti che sembrerebbero dare ragione alla tesi sostenuta dall’attore.
La localizzazione: il punto cardine dell’algoritmo di Tik ToK
TikTok ha spesso sottolineato di adottare un approccio localizzato: regole diverse si applicano a paesi diversi, dove le leggi e usanze locali variano. Questo interesse nel conoscere dove gli utenti di tutto il mondo si trovano in ogni momento della giornata, può essere effettivamente un segnale utilizzato per discriminare quali tipologie di contenuto devono essere mostrate e a chi. In parole povere: se ti trovi in Cina, hai il diritto di fruire di contenuti di qualità maggiore rispetto ai coetanei che si trovano in tutt’altra parte del mondo.
Attività di spionaggio accertata
Oltre alla localizzazione, a favore della teoria della diversificazione dei contenuti per boicottare le società occidentali, troviamo l’indagine effettuata da Forbes. Il report pubblicato dalla rivista, dimostra che la Cina in passato abbia già utilizzato questo aspetto della localizzazione dell’algoritmo di Tik Tok, con l’obiettivo di conoscere gli spostamenti di alcuni cittadini americani.
Nell’inchiesta, Forbes non dice con certezza che tale raccolta di dati sia realmente avvenuta, ritiene tuttavia che possa essere comunque stata pianificata dalla società Cinese ByteDance.
Ed ecco che la sola consapevolezza delle possibilità per la Cina di attuare un piano di questo tipo,in concomitanza con fatti del passato, è bastato per destare ogni possibile timore negli Stati Uniti.
I tentativi americani di bloccare Tik Tok
I timori di Trump diventano oggi gli stessi di Biden, schieramenti opposti, più uniti che mai contro la “minaccia” cinese.
Già nel 2020, infatti, l’ex presidente della Casa Bianca aveva firmato un ordine esecutivo per interrompere l’uso di TikTok negli Stati Uniti. L’ordine era stato tuttavia revocato da Biden, a pochi mesi dalla sua elezione.
Dopo questo iniziale tentativo di distensione dei rapporti tuttavia, la tensione tra Casa Bianca e la Cina è tornata a salire, in seguito alle rivelazioni che hanno dimostrato come i dipendenti di TikTok e le autorità cinesi possano accedere ai dati personali degli utenti di tutto il mondo.
Gli Stati Uniti hanno dato quindi il via ad una vera e propria campagna contro Tik Tok, che sta ovviamente coinvolgendo anche l’Unione Europea. Washington sta ora minacciando la casa madre ByteDance di vietare il social in tutto il paese, se i proprietari cinesi non dovessero accettare di vendere le loro quote della società. Il timore degli americani, e delle altre istituzioni occidentali, è che la Cina possa svolgere attività di manipolazione dei popoli occidentali attraverso Tik Tok, in un contesto in cui la commistione tra governo cinese e imprese è più elevato che mai.
Una riflessione si rende a questo punto necessaria: l’America da sempre adopera sistemi di controllo e di spionaggio delle altre popolazioni. Quindi, qualora Tik Tok rappresenti davvero una sorta di specchietto per le allodole degli occidentali, perché puntare il dito contro la Cina e ritenerla l’unica colpevole di questa situazione di tensione internazionale che minaccia le democrazie? Ricordiamoci che il campanello d’allarme per le democrazie occidentali è già stato suonato da tempo, a partire dal caso Cambridge Analytica che ha coinvolto Facebook, società le cui origini sono tutt’altro che cinesi.